Quando ero incinta avrei tanto desiderato che uno sconosciuto fermasse e mi avvisasse di godermi il momento-pipì, perché con pancione la fai tante volte ma la puoi fare quando e dove vuoi. I problemi si presentano dopo, quando finalmente il tuo pargolo ce l’hai tra le braccia.
Sì, perché tutto ruota attorno ai bisogni primari che quando sei mamma tendono a diventare secondari.
Tutto inizia in ospedale quando il tuo pargolo è lì accanto a te. Il rooming-in ha tanti vantaggi: lo guardi, lo ascolti respirare, lo coccoli, lo baci, lo abbracci, lo guardi e lo riguardi ma a un certo punto ti devi arrendere alla pipì.
E se hai la fortuna di essere in camera da sola la pipì può essere un problema serio. Ti muovi con la grazia di un orso siberiano e l’agilità di un bradipo mentre calcoli la distanza letto-porta del bagno. E poi da quella porta ci devi entrare, tu e la culla, facendo più tetris di quello degli anni 80.
Poi ti dimettono, è primavera ed è tanto bello fare lunghe passeggiate in centro. Ma a un certo punto ti devi arrendere alla pipì. E se hai la fortuna di essere in un posto servito da varie attività cerchi il bar più vicino, che immancabilmente sarà un buco dove non ci entra nemmeno il passeggino. Allora bevi un caffè, saluti e ci riprovi. Altro bar e altro caffè. Finchè in preda alla tachicardia trovi quello giusto e cerchi di infilarti in un metro quadro di toilette. O meglio, ti ci devi infilare tu insieme al tuo passeggino. Ti abbassi le mutande e sul più bello, mentre qualcuno cerca di sfondare la porta e tu gridi occupatooooooo, il pupo inizia a piangere disperato e… niente, io voglio il catetere.